Orvieto tra Arte e Storia


Orvieto

Katia Serafini Cashmere Duomo di Orvieto Italy
Nel IX-VIII sec. a.C. la rupe di Orvieto venne abitata per la prima volta da popolazioni etrusche. Tale insediamento è stato identificato con il centro etrusco di Velzna (in latino Volsinii), una città fiorente a partire dagli inizi del VI sec. a.C. Il masso orvietano destinato al culto della principale divinità nazionale e forse dell' intero pantheon etrusco, era diviso in quartieri dalle due strade sacramentali: cardo e decumano.
Il decumano (Ovest-Est) avrebbe avuto sul suo tracciato ad Ovest Porta Maggiore ed il primitivo taglio del masso, la Cava, e ad Est Porta Soliana, ora nascosta sotto la Rocca presso la quale sorgeva un tempio, che fu detto Augurale dagli archeoÌogi. Sul cardo (Nord-Sud) erano Porta Vivaria a Nord e Porta S. Maria a Sud. I nomi sono relativamente moderni, ma l'esistenza delle porte è antichissima. Tra i templi esistenti e ritrovati il dibattito più "acceso" è quello circa l'identificazione e l'ubicazione del Fanum Voltumnae, che la critica più recente riconduce oggi ad Orvieto e verosimilmente nella zona a occidente della rupe.
Cosa significò Velzna/ Volsinii nella nostra storia antica? Livio l'annoverò fra le più forti di Etruria; Plinio la chiamò opulentissima: Valerio Massimo doviziosa, ornata per costumi e legislazione, capo degli etruschi; Floro la più civile fra tutte le città della confederazione toscana. Volsinii guerreggiò contro Roma nell'anno 280 a.C.e fu costretta a cedere le armi al console Tito Coruncanio. Dilatandosi la potenza romana, Volsinii fece immani sforzi di resistenza; ma dopo la rivolta dei servi contro i nobili, i romani distrussero la città sotto il console Fulvio FIacco (III sec. a.C). "Ultima cadde fra tutti i popoli italici: saccheggiata, arsa e distrutta, delle sue statue, duemila furono recate via dai vincitori."

Katia Serafini cashmere Torre del Moro e Torre Polidori Orvieto Italy
Con Volsinii perì la nazione etrusca, già padrona del mare e del cuore d'Italia. Alla distruzione della città seguì la deportazione degli abitanti, che in gran parte vennero trasferiti forzatamente sulle alture dominanti il lago di Bolsena, dando origine alla nuova Volsinii. A questa epoca sembra risalire anche il nome della città: infatti Velzna diventa Volsinii-veteres o anche Urbs Vetus (città vecchia) in contrapposizione con Volsinii-novi, l'odierna Bolsena.

Quando anche per l'impero romano arriverà una crisi irreversibile (III secolo d.C.) e Volsinii sarà nuovamente invasa e devastata (V-VI secolo d.C.), la città in rovina verrà a sua volta abbandonata dagli abitanti che ritornarono ad occupare la rupe orvietana. Successivamente divenne Longobarda. Nel 596 Orvieto fu infatti occupata dal longobardo Agilulfo ed ebbe un proprio vescovo e piu' tardi, nel 606, i propri conti. Nel XI secolo Orvieto si costitui in Comune.
Poco prima dell’anno mille la città tornò a rifiorire espandendo la sua struttura urbanistica costruendo fortificazioni, torri, chiese e palazzi.
L'istituzione del Comune è testimoniata a partire dal 1137. Venti anni dopo venne firmato un trattato col papa Adriano IV, che aumentò l'influenza pontificia sulla città e dette via allo scontro tra le fazioni guelfe (filopapali) e ghibelline (filoimperiali).
Orvieto divenne una roccaforte guelfa dell'Italia centrale contro i ripetuti attacchi dei fuoriusciti ghibellini e degli imperatori svevi: Federico I ed Enrico IV. Il duecento vide progressivi assestamenti istituzionali, che portarono alla creazione del Consiglio Generale dei Quattrocento (1215), all'elezione del Capitano del Popolo (1250), alla formazione di un governo degli anziani delle arti con un priore (1256) e, infine alla creazione della magistratura dei Signori Sette (1292). Nel frattempo la giurisdizione comunale si estese dal Monte Amiata fino ad Orbetello. Il periodo è particolarmente fiorente anche nell'attività edilizia, vengono infatti edificate le chiese di San Lorenzo degli Arari, di San Francesco, di San Domenico, di Santa Maria dei Servi, del complesso monumentale di Sant'Agostino, ed edifici pubblici quali il Palazzo Comunale, il Palazzo del Popolo e il Palazzo Papale. Nel 1290, ebbe inizio la costruzione del duomo.
Nel 1281-84, il papa Martino IV si stabilì ad Orvieto riempiendo la città di Francesi, contro i quali il popolo si ribellò. Nel 1334 Orvieto trova in Ermanno Monaldeschi della Cervara il suo primo Signore che domina fino al 1337. Nel 1354 il Cardinale Albornoz occupò Orvieto sottomettendola allo stato della Chiesa.
Nel rinascimento la società feudale del Medioevo, basata soprattutto sull'economia agricola e su una vita intellettuale e culturale ispirata al pensiero religioso, si trasformò in una società dominata dalle istituzioni politiche centrali, che propugnavano un'economia di tipo urbano e il patrocinio laico nell'arte e nella letteratura. Rinascimento come il periodo che nelle arti figurative viene aperto da Giotto e chiuso da Michelangelo, l'epoca in cui vennero alla luce l'umanità e la coscienza moderne dopo un lungo periodo di decadimento.
In età Napoleonica Orvieto “capitale del territorio d’Orvieto”, costituisce prima un cantone nella Repubblica Romana (1798), poi del circondario di Todi nel Dipartimento del Trasimeno (1809). Nel 1816 torna a far parte dello stato Pontificio come sede di Governo. Nel 1860, pochi giorni prima dell’intervento piemontese nelle Marche e nell’Umbria, i volontari orvietani ed umbri comandati dal Col. Masi e detti “Cacciatori del Tevere”, costringono le truppe pontificie del presidio orvietano alla resa.
Il fatto provocò un incidente diplomatico tra Torino e Parigi, dato che gli accordi fra Cavour e Napoleone III non contemplavano l’occupazione di città e territorio del Patrimonio di San Pietro da parte delle formazioni dei volontari. Per risolvere la questione Viterbo e Montefiascone vengono restituite al Papa, ma Orvieto riesce invece ad ottenere l’annessione al costituendo Regno d’Italia, dopo aver dimostrato, sulla base di documenti d’archivio, che la città ed il suo territorio non avevano mai fatto parte del Patrimonio di San Pietro a partire dal 1360.
Nel 1860 l’annessione del territorio orvietano al Regno d’Italia con la sua aggregazione alla provincia di Perugia.
La vita culturale soprattutto nell’ultimo ventennio del XIX secolo è caratterizzata dall’attività dell’Accademia “la Nuova Fenice”e dai grandi restauri condotti nel Duomo e nei palazzi medievali.

VOLSINII (ORVIETO) ANTICA CAPITALE DELLO STATO ETRUSCO

Plinio la chiamò opulentissima: Valerio Massimo doviziosa, ornata per costumi e legislazione, capo degli Etruschi; Floro la più civile fra tutte le città della confederazione toscana.

Gli Etruschi occupavano originariamente la regione compresa tra il Tevere e l’Arno, che da loro prese il nome di Toscana. Il periodo di massimo splendore giunse fino al 4° secolo a.C. In seguito, vennero assorbiti dai Romani, con Volsinii (Orvieto) ultima città a resistere.

Tra i popoli antichi dell’Italia preromana gli Etruschi sono quelli che hanno maggiormente attirato l’interesse dei moderni per l’altissimo livello artistico raggiunto e per la scarsa conoscenza della loro lingua, che non offre punti di contatto con nessun’altra conosciuta…

Già gli antichi non erano in grado di spiegare la presenza di questo potente e raffinato popolo nel frammentato e spesso rozzo panorama delle genti dell’Italia preromana. Lo storico Erodoto, che scriveva nel 5° secolo a.C., attribuiva l’origine dei Tirreni (così i Greci chiamavano gli Etruschi) a un mitico fondatore, Tirreno, che si sarebbe trasferito nell’Italia centrale dopo essere fuggito da una remota regione dell’Asia Minore. Al contrario, Dionigi di Alicarnasso, un altro autore greco che scriveva nel 1° secolo a.C., attribuiva agli Etruschi un’origine italica.

Katia Serafini Cashmere Tempio del Belvedere Orvieto Italy
Lo storico latino Tito Livio, infine, contemporaneo di Dionigi, pensava di poter sostenere un’origine settentrionale degli Etruschi, che sarebbero giunti in Italia dall’Europa centrale. Oggi sappiamo assai di più sulle origini di quel popolo. La civiltà etrusca deriva direttamente da quella villanoviana che risulta diffusa durante l’Età del Ferro (9°-8° secolo a.C.) proprio nelle zone che vedranno fiorire la civiltà etrusca. I resti di questa civiltà, provenienti, come quelli etruschi, soprattutto da tombe e necropoli, testimoniano di forti influenze delle popolazioni nordiche, in particolare celtiche (Celti), che si riscontreranno anche nell’arte etrusca, soprattutto nei periodi più antichi.

Successivamente, a partire dall’8° secolo a.C., si comincia a constatare un cambiamento nei manufatti provenienti da quelle regioni e si ha un graduale passaggio a quel tipo di arte, caratterizzata da fortissime ed evidenti influenze greche.

Gli Etruschi, quindi, possono definirsi come i successori dei Villanoviani, permeati dall’influenza dell’arte greca, giunta in Etruria dalla Magna Grecia. Pur essendo una cultura originaria dell’Italia, quindi, quella etrusca si presenta come una civiltà fortemente permeata da influenze orientali, e in particolare greche. La struttura sociale prevalente tra gli Etruschi era la città, che aveva caratteristiche sociali e architettoniche per molti aspetti simili a quelle delle città greche, in particolare la grande accuratezza con cui erano decorate le porte delle mura difensive, in grandi pietre squadrate.

Come le città greche della Magna Grecia, anche quelle etrusche erano tra loro collegate in leghe: di particolare importanza, perché tramandataci dalle fonti, quella che riuniva le dodici città di Velzna o Volsinii (ORVIETO), Vulci, Volterra, Veio, Vetulonia, Arezzo, Perugia, Cortona, Tarquinia, Cere, Chiusi, Roselle.

Fanum Voltumnae Orvieto
Tra il 7° e 6° secolo a.C. le città etrusche raggiunsero la loro massima espansione e nel 540 a.C. una flotta mista di Etruschi e Cartaginesi sconfisse al largo di Alalia, in Corsica, una flotta greca, ponendo termine all’espansione ellenica verso il Tirreno settentrionale. Tuttavia il momento della grande vittoria navale di Alalia segnò anche il culmine della parabola per la civiltà etrusca. Pochi anni dopo, nel 510-509 a.C. Roma, che fino ad allora era stata retta da una monarchia etrusca, i Tarquini, si sottrasse a questa influenza ed iniziò una politica di espansione in zona etrusca: Pompei e Capua furono perdute a partire dal 505. A partire dal 5° secolo il baricentro della civiltà etrusca si spostò tutto a nord. Tra il 4° e 3° secolo la civiltà etrusca crollò: Veio venne conquistata da Roma nel 396, tra il 356 e il 311 caddero Tarquinia e Cerveteri, all’inizio del 3° secolo Perugia, Arezzo, Cortona, Vulci e, nel 264, Volsinii (l’attuale ORVIETO). Le città etrusche erano rette ciascuna
da un re.
Katia Serafini Cashmere Necropoli del Crocefisso del Tufo Orvieto Italy
Molte delle insegne del potere del re etrusco saranno successivamente assunte nello Stato romano per designare il potere dei magistrati superiori, i consoli e i pretori: la corona d’oro, il trono d’avorio, lo scettro ornato da un’aquila, la tunica e il mantello di porpora intessuti d’oro, infine i littori, in origine guardie del corpo che accompagnavano sempre i re portando sulla spalla il segno della sua potestà di punire, cioè il fascio di verghe con la scure, che da loro si chiamerà fascio littorio.

Due erano gli aspetti della società etrusca che maggiormente colpivano gli osservatori greci: innanzitutto “il ruolo della donna, che, al contrario di quanto avveniva in Grecia, partecipava
attivamente alla vita sociale; in secondo luogo la ricchezza e il lusso che caratterizzavano il modo di vita delle classi dirigenti etrusche”. Nella società etrusca il banchetto (o simposio) aveva un’enorme importanza e lo dimostra il fatto che molto spesso i defunti erano rappresentati sui coperchi dei sarcofagi come se stessero partecipando a un banchetto, distesi sul caratteristico letto triclinare.

Gli Etruschi, inoltre, sono stati protagonisti di una straordinaria fioritura artistica. L’arte degli Etruschi è caratterizzata da uno spiccato realismo e riflette la loro gioia di vivere ed il loro amore per i piaceri della vita quotidiana, quali i banchetti, le attività e le competizioni sportive.

Più di ogni altra cosa, però gli Etruschi apprezzavano la musica: il suono del flauto e della lira accompagnava tutte le loro attività quotidiane, anche le più semplici. Unica, inoltre è l’arte funeraria, poiché proviene da necropoli, tra le quali sono particolarmente famose quelle di Cerveteri, di Tarquinia, di Chiusi e di Orvieto con le tombe sotterranee a camera, o quelle di Norchia, con le tombe a grotta. Gli arredi funerari ed i dipinti ci consentono di scoprire una società ricca, addirittura opulenta.

Katia Serafini Cashmere Etruschi Orvieto Italy
Molte delle insegne del potere del re etrusco saranno successivamente assunte nello Stato romano per designare il potere dei magistrati superiori, i consoli e i pretori: la corona d’oro, il trono d’avorio, lo scettro ornato da un’aquila, la tunica e il mantello di porpora intessuti d’oro, infine i littori, in origine guardie del corpo che accompagnavano sempre i re portando sulla spalla il segno della sua potestà di punire, cioè il fascio di verghe con la scure, che da loro si chiamerà fascio littorio.

Due erano gli aspetti della società etrusca che maggiormente colpivano gli osservatori greci: innanzitutto “il ruolo della donna, che, al contrario di quanto avveniva in Grecia, partecipava
attivamente alla vita sociale; in secondo luogo la ricchezza e il lusso che caratterizzavano il modo di vita delle classi dirigenti etrusche”. Nella società etrusca il banchetto (o simposio) aveva un’enorme importanza e lo dimostra il fatto che molto spesso i defunti erano rappresentati sui coperchi dei sarcofagi come se stessero partecipando a un banchetto, distesi sul caratteristico letto triclinare.
La pratica religiosa per la quale gli Etruschi erano più famosi, già nell’antichità, era l’aruspicina. I Romani la chiamavano addirittura Etrusca disciplina, facendo riferimento a una speciale capacità dei sacerdoti etruschi di avere un rapporto privilegiato con gli dei e saper riconoscere i segni premonitori infausti per evitare che generassero eventi negativi.

Così nel mondo etrusco la capacità di indovinare il futuro tramite l’interpretazione di segni, che potevano essere eventi meteorologici come fulmini, piogge e venti, il volo degli uccelli in una particolare zona del cielo crebbe e si sviluppò in una vera e propria arte.
Fanum Voltumnae Orvieto
Secondo lo scrittore latino Publio Terenzio Varrone (1° secolo a.C.) e non solo, il loro dio principale era Vertumnus, una divinità che veniva raffigurata in vario modo e che aveva il suo centro di culto principale nel santuario del “FANUM VOLTUMNAE” a Volsinii (ORVIETO). A Volsinii ogni anno gli etruschi confluivano per celebrare riti religiosi, giochi e manifestazioni.

Il FANUM, oltre ad ospitare le feste ed i giochi panetruschi era anche punto di ritrovo per i re delle dodici città etrusche, dove si riunivano per prendere le più importanti decisioni politiche e religiose.
Civita (Balneum Regis)
Civita fu fondata dagli Etruschi circa 2.500 anni fa e ne fecero una fiorente città, favorita dalla sua posizione strategica dal punto di vista commerciale, data la vicinanza con le più importanti vie di comunicazioni di quel periodo.

Dai pochi documenti reperiti risulta che Civita di Bagnoregio e Bagnoregio
fossero due contrade di una stessa città che fino al XI sec. era denominata
Balneum Regis.

La leggenda vuole che a darle questo nome sia stato Desiderio, re dei Longobardi      (756-774 DC), guarito da una grave malattia grazie alle acque termali presenti nella città.
Alcuni manufatti artistici sono giunti sino a noi a documentare la fase longobarda alla quale mise fine Carlo Magno nel 774, restituendo il territorio al Pontefice.

Da questa data Balneum Regis entra a far parte del dominio della Chiesa anche se durante il periodo feudale, la città, con il suo atteggiamento sempre ribelle diventò un serio problema per il papato.

La signoria feudale cessa intorno alla metà del XXII secolo quando Bagnoregio si costituisce libero comune. La città viene occupata nel 1186 dal figlio di Federico Barbarossa, EnricoIV, che punta contro Orvieto.

La casata dei Monaldeschi di Orvieto esercitò il controllo di Bagnoregio al fine di preservarla come presidio guelfo nel quadro degli scontri contro i ghibellini di Viterbo.
L’epilogo di questo controllo si compie nel 1457 quando gli abitanti insorsero dando vita ad una violenta ribellione che portò alla distruzione del castello della Cervara, dal quale, i Monaldeschi avevano esercitato il loro potere per oltre un secolo. A ricordo di questi eventi furono murati, al di sopra dell’area della Porta di Santa Maria due leoni in pietra basaltica che tengono teste umane tra le loro zampe a ricordo della vittoria del popolo di Civita.
Katia Serafini Cashmere Civita di Bagnoregio Italy
Nell’ultimo decennio del XV sec. si rafforza il controllo della Chiesa sulla città: inizia il “governo dei cardinali”.La parabola discendente inizia dopo il terremoto del 1695, che provocando gravi danni alle strade e agli edifici, costrinse molti abitanti a lasciare la città.

Il susseguirsi di altri terremoti con conseguenti frane e smottamenti rischiarono di far restare Civita completamente isolata, contribuendo ad incrementare il trasferimento della popolazione altrove, fino ad un quasi totale abbandono.

Lo scrittore Bonaventura Tecchi l’aveva denominata la “Città che muore” in quanto i vasti banchi d’argilla che la sorreggono sono soggetti a continua erosione.I maestosi “calanchi”, in parte ricoperti da una povera vegetazione, si estendono per chilometri ed al tramonto danno all’interopaesaggio un aspetto lunare.”
Gli Etruschi e il Mare
Gli Etruschi furono in principio un popolo di marinai, e non a caso il mare Sardo fu ribattezzato col nome dei suoi nuovi abitanti, i Tirreni, come venivano chiamati in origine gli Etruschi. Omero ci canta del dio Dioniso che fu catturato dai Tirreni e che riuscì a liberarsi solo dopo averli trasformati in delfini. L’occupazione etrusca arrivò fino in Corsica, Sardegna, nelle Baleari e sulle coste spagnole.
Testimonianze della civiltà etrusca, sono venute alla luce in Sardegna, in Africa Settentrionale, Francia Meridionale, in Spagna, in Grecia, in Asia Minore e Cipro e ciò attesta l’esistenza di una importantissima marina mercantile etrusca che rivaleggiava per il dominio del mare con greci, cartaginesi e fenici. Lo scambio sui mari con tutti questi popoli fece cambiare lo stile di vita e aiutò lo sviluppo della società e dell’economia etrusca soprattutto nella produzione di oggetti di lusso, dalle ceramiche alle oreficerie, con artigiani specializzati.
Le prime navi erano di piccole dimensioni e non vi era quindi bisogno di scali particolarmente importanti e le navi venivano trascinate in secco sulle spiagge oppure attraccate in ripari naturali e sicuri, come laghi e lagune costiere o foci di fiumi. In seguito, il rapporto con i Greci stimolò, in articolare, lo sviluppo dei centri costieri dell’Etruria meridionale.
Katia Serafini Cashmere Italy
Nella prima metà del VII sec. a.C. Cerveteri era in contatto verso nord soprattutto con Vetulonia, che allora si affacciava sulle sicure acque di un lago costiero. Sulle coste lungo questa rotta nacquero molti piccoli centri, con funzione di scali, come Orbetello o Marsiliana, località posta alla foce del fiume Albegna che formava allora un’ampia laguna.Lungo il percorso costiero verso nord sorse anche lo scalo di Pyrgi, che divenne il più importante porto di Cerveteri a partire dal VI sec. a.C.
Con l’intensificarsi degli scambi e con la comparsa di navi di maggiori dimensioni sorsero numerosi scali lungo tutto il litorale, in particolare dove c’erano ripari naturali. Nacquero anche veri e propri porti per cui, parallelamente alla formazione dei centri cittadini, sorsero numerosi insediamenti costieri.
Agli inizi del VI sec. a.C. le città principali fondarono veri e propri porti commerciali, distanti dal centro urbano per evitare ogni possibilità di penetrazione di eventuali aggressori. Pyrgi sul Mar Tirreno diventò il porto ufficiale di Cerveteri mentre Spina (prima della scoperta si pensò ad una città mitologica come Atlantide) era il più importante porto commerciale sul mar Adriatico.Situata su un’ansa del fiume Fiora, allora navigabile, Vulci controllava il traffico fluviale direttamente o tramite, forse, uno scalo alla foce, distante 10 chilometri dal centro principale. Il territorio più a nord, probabilmente ancora dipendente da Vulci, faceva invece riferimento ai porti naturali di Orbetello e Talamone.
L’acme della thalassocrazia etrusca, cioè del loro dominio sul mare, è raggiunto nell’età Arcaica (inizi VI - inizi V secolo a.C.), periodo che corrisponde allo
splendore di questo popolo: c’è una data in particolare che segna l’inizio di una parabola ascendente di benessere e ricchezza, il 540 a.C. circa, data della Battaglia del mare Sardo.Le continue schermaglie tra gli equipaggi delle navi greche, interessate alle coste della Francia meridionale con la colonia focese di Massalia (Marsiglia) e della Corsica ove era la colonia di Alalia (Aleria), ed etrusche, si concretizzano in una tragica battaglia navale. La battaglia vede contrapporsi navi greche contro navi etrusche e puniche: nonostante l’esito favorevole per i Greci, la forte decimazione degli equipaggi e la perdita di molte navi li costringe ad abbandonare il settore centro settentrionale tirrenico. Dalla seconda metà del V secolo a.C. lo scenario però mutò radicalmente. Infatti, mentre le città etrusche avevano raggiunto il massimo dello sviluppo economico, le colonie greche diedero vita ad una travolgente crescita culturale e politica. Anche ai confini tra Etruria e Lazio era sorto un nuovo consistente pericolo: la città di Roma, un tempo dominata e governata da una dinastia etrusca si era resa indipendente, passando all’offensiva. La decadenza degli Etruschi iniziò nel 474 a.C. sul mare, quando i Greci d’Italia guidati dalla città di Siracusa gli inflissero presso Cuma una sconfitta decisiva dopo la quale essi persero il controllo del Mar Tirreno. Anche sulla terraferma la situazione andò rapidamente deteriorandosi: Dalla metà del IV secolo a.C. la potenza commerciale e militare un tempo fiorente degli Etruschi si era così ridotta a città stato arroccate nei loro territori di origine nell’Italia centrale.
Le superbe città-stato, prive di una forte identità nazionale, non riuscirono a coordinare una resistenza efficace, e furono così sconfitte una ad una con Orvieto (antica Volsini) ultima a cadere. Con la perdita dell’indipendenza politica si concludeva il ciclo di un antico popolo che per secoli aveva primeggiato, per cultura e per ricchezza, nel bacino del Mediterraneo occidentale.

ORVIETO ED IL DUOMO

Katia Serafini Cashmere Duomo di Orvieto Italy

L’ispirazione di edificare un’opera così importante nacque attraverso il miracolo del corpus Domini in quanto si volle realizzare una grandiosa teca che tramandasse nel tempo questo segno divino.
Il 13 novembre del 1290 si pose la prima pietra della più importante avventura spirituale, culturale ed economica che la città abbia mai intrapreso.

L’opera fu progettata e diretta inizialmente dall’architetto e scultore Lorenzo Maitani (1275-1330) ed aveva come obiettivo anche quello di suggellare la fama di un ambizioso Comune i cui confini si estendevano dal Monte Amiata al mar Tirreno.

Per la sua costruzione occorsero tre secoli (dal 1290 al 1607) e vennero impegnati circa 2.500 maestranze e più di 150 tra artigiani ed artistie nemmeno le lotte intestine al comune oppure la terribile peste del 1348 impedirono agli orvietani di portare a termine quella che doveva essere
“una delle più belle opere al mondo”.

Oltre a Lorenzo Maitani, il progetto per la prima realizzazione porta i nomi anche di Arnolfo di Cambio,
Fra’ Bevignate e Giovanni Uguccione.
Il grandioso edificio avviato in forme romaniche, presentava una pianta basilicale a tre navate e un’abside semicircolare, numerosi furono in seguito i mutamenti, soprattutto quelli riguardanti la facciata, documentabili, grazie ad alcuni progetti su pergamena tuttora conservati nel palazzo dell’Opera del Duomo e considerati tra i più antichi progetti nella storia dell’architettura.
Katia Serafini Cashmere Duomo di Orvieto Italy
La maestosa facciata è un insieme senza precedenti di architettura, scultura e mosaico dello stile gotico italiano che si fonde con quello romanico e bizantino. Le sculture e i mosaici sono posti secondo un criterio di lettura biblica in cui sono rappresentati i principali eventi dell’Antico e
Nuovo Testamento. Alta 52 metri e larga 40.

Nella solenne porta centrale, suddivisa in riquadri, sono raffigurate le sette opere di misericordia corporali: dare da bere agli assetati e da mangiare agli affamati, vestire gli ignudi, alloggiare i pellegrini, visitare gli infermi, visitare i carcerati e seppellire i defunti.

Sopra il loggiato, frutto di un sapiente ricamo marmoreo di Andrea Orcagna, troviamo il fantastico Rosone, incastonato come una gemma , in una cornice di 52 teste di santi in formelle; sopra, in dodici nicchie binate, le statue degli apostoli, ai lati i dodici profeti e, agli angoli, mosaici raffiguranti Agostino, Gregorio Magno, Girolamo e Ambrogio .

Al suo interno un bassorilievo di pregevole fattura raffigurante il Redentore.
Nella suggestiva visione, dentro sfondi in oro zecchino, si trovano i quattro pilastri  marmorei scolpiti a bassorilievo. Da sinistra, sul primo pilastro si trovano i temi della creazione tratti dal libro della Genesi; il secondo pilastro illustra le storie di Abramo, patriarca del popolo d’Israele; nel terzo pilastro, si prosegue con le immagini dei principali episodi evangelici mentre il quarto pilastro è interamente dedicato al tema del Giudizio Universale, ripreso poi all’interno da Luca Signorelli nel fantastico ciclo pittorico della cappella di San Brizio.

Sopra i pilastri sono evidenti i simboli bronzei dei quattro evangelisti, opera di Lorenzo Maitani; furono fusi tra il 1320 ed il 1330 e rappresentano, da sinistra verso destra, l’evangelista Matteo (l’Angelo), l’evangelista Marco (il Leone), l’evangelista Giovanni (l’Aquila) e l’evangelista Luca (il Toro). All’apice della cuspide si trova invece l’effige bronzea dell’Agnello di Dio, realizzata nel 1352 da Matteo di Ugolino da Bologna.

Al centro dei simboli dei quattro Evangelisti, sotto un baldacchino bronzeo (ai cui lati sono collocati sei angeli) è la composizione della Madonna in trono con il Bambino; venne posto in loco al termine del secondo progetto della facciata, intorno al 1329.

I mosaici su fondo oro si estendono su ogni parte della facciata e ad eccezione
del battesimo di Gesù, realizzato su cartone dal pittore orvietano Cesare Nebbia, le altre rappresentazioni illustrano la storia terrena della Vergine, con i genitori Gioacchino e Anna, la presentazione di Maria al tempio, l’Annunciazione e lo sposalizio con Giuseppe.
Katia Serafini Csashmere Duomo di Orvieto Italy

LUCA SIGNORELLI
(CORTONA 1445 - IVI 1523)

Katia Serafini Cashmere Duomo di Orvieto Cappella di San Brizio Italy
Luca Signorelli fu tra gli artisti rinascimentali maggiormente impegnati nella rappresentazione di uno spazio scientificamente razionale.

Si formò come confermano gli scarsi frammenti storici nel provinciale ambiente umbro e le sue opere risentono della spazialità prospettica di Piero Della Francesca di cui probabilmente fu allievo nei soggiorno a Perugia e Urbino.

Fondamentali per l'artista furono tuttavia gli stimoli della cultura artistica fiorentina periodo in cui le figure furono caricate di chiaroscuri ed effetti plastici raggiungendo l'equilibrio tra le masse ed il loro inserimento nello spazio: di questo periodo si ricordano "la Flagellazione" (Milano, Brera), e "la circoncisione" (Londra, National Gallery) .

Nel 1482 fu a Roma, attivo nella Cappella Sistina eseguendo il riquadro in cui Mosè consegna la verga a Giosuè e la Morte di Mosè.
Negli anni successivi lo stile del Signorelli si precisa nelle sue originali caratteristiche, dallo schema compositivo all'uso del colore e della luce in funzione della definizione dei volumi nello spazio, come appare, per es., nella pala per il duomo di Perugia (1484), il tondo della Madonna con Bambino e nudi nello sfondo (1490-95, Firenze, Uffizi) e l'Educazione di Pan (già a Berlino, distrutta nella seconda guerra mondiale).

La vena creativa del Signorelli trovò una felice espressione nella tecnica dell'affresco: un carattere prevalentemente narrativo hanno le Storie di S. Benedetto del chiostro grande dell'abbazia di Monteoliveto Maggiore (1497-98), mentre nell'ultima fase la sua arte subisce una forte accentuazione drammatica ed espressionistica, evidente nel celebre ciclo di affreschi con il Giudizio universale della cappella di S. Brizio nel duomo di Orvieto (1499-1503), dove sono dipinte, tra l'altro, Storie dell'Anticristo, Resurrezione della carne, Inferno, Paradiso e varie figurazioni tratte dalla Divina Commedia di Dante Alighieri. Numerosi disegni di figura del Signorelli, di grande qualità, sono conservati al Louvre e agli Uffizi di Firenze.
Katia Serafini Cashmere Duomo di Orvieto Cappella di San Brizio Italy

LORENZO MAITANI
ARCHITETTO 1270-1330

Lorenzo Maitani, Architetto e scultore, nacque a Siena nel 1270,

figlio dello scultore Vitale di Lorenzo detto Matano. Nel 1310 fu chiamato a Orvieto

da Papa Bonifacio VIII e nominato capomaestro dell’opera del Duomo, carica che conservò fino alla morte, ad Orvieto nel 1330. È suo il progetto della facciata, elaborato secondo un modello spiccatamente gotico, nuovo e originale rispetto ai tipi italiani ed europei.
Già prima del 1310 si era recato in varie riprese a Orvieto per rafforzare la costruzione pericolante della cattedrale. Interruppe il suo soggiorno orvietano nel 1317 e 1319-21 per riparare gli acquedotti di Perugia, nel 1322 per dare il suo parere sul proseguimento dei lavori del duomo di Siena e nel 1323 sulla progettata costruzione del castello di Montefalco, nel 1325 per restaurare il castello di Castiglione del Lago.

Dal documento del 1310 in cui Lorenzo viene designato “universalis caput magister” della cattedrale orvietana risulta che egli venne incaricato di costruirne la facciata e di soprintendere alla decorazione scultorea di essa.

Due disegni della facciata nel museo del duomo, illustrano la genesi del progetto maitanesco, che da un verticalismo derivato dall’architettura gotica francese dell’Île-de-France, passò a una concezione più raffinata ed equilibrata. Questo compromesso tra spirito e principî estetici francesi e italiani si avverte anche nei mirabili rilievi che coprono i quattro pilastri della facciata.

Della profondità dello scultore dànno un’idea assai chiara i quattro angeli di bronzo in atto di sollevare i lembi del baldacchino che protegge il gruppo marmoreo della Madonna col Bambino collocato sopra la porta centrale, e i quattro simboli degli Evangelisti, pure in bronzo, sporgenti al disopra del cornicione che corre sui pilastri della facciata;

Per affinità con esse si possono sicuramente attribuire al Maitani i rilievi delle tre zone inferiori del primo pilastro che dalla Creazione degli animali giungono fino alla Cacciata dei progenitori dal Paradiso, e i rilievi delle due zone inferiori del quarto pilastro con la Risurrezione dei Morti, l’Inferno e la schiera degli eletti e dei reprobi.

Il Maitani nei suoi rilievi, ha una personalità ben definita che gli assicura un posto di primo piano nella scultura toscana del Trecento.

Alla profonda conoscenza dell’anatomia del corpo umano, si accoppia uno squisito senso dell’euritmia lineare, rafforzato da influenze francesi, che piega a morbido fluire le vesti trasparenti e leggiere. Ed è appunto questo spirito lirico pacato e sereno che lo distingue artisticamente nella storia dell’architettura e scultura.

LA BELLEZZA

Kalón significa tutto ciò che piace, che suscita ammirazione, che attrae lo sguardo.
La Bellezza quasi sempre è associata ad altre qualità.b Esiodo (Nozze di Cadmo e Armonia): “Chi è bello è caro, chi non è bello non è caro”.
 L’oracolo di Delfi, alla domanda sul criterio di valutazione della Bellezza, risponde: “Il più giusto è il più bello”.
Secondo la mitologia, Zeus avrebbe assegnato una misura appropriata e un giusto limite a ogni essere: il governo del mondo coincide così con un’armonia precisa e misurabile, espressa nei quattro motti scritti sulle mura del tempio di Delfi: “Il più giusto è il più bello”, “Osserva il limite”, “Odia la hybris (tracotanza)”, “Nulla in eccesso”.
Su queste regole si fonda il senso comune greco della Bellezza, in accordo con una visione del mondo che interpreta l’ordine e l’armonia come ciò che pone un limite allo “sbadigliante Caos”, dalla cui gola è scaturito, secondo Esiodo, il mondo.

Katia Serafini Cashmere Duomo di Orvieto Cappella di San Brizio Italy
POZZO SAN PATRIZIO
“È certo che gli antichi non fecero mai edifizio pari a questo né d’industria né d’artifizio” Giorgio Vasari
È il 7 dicembre del 1527 quando in occasione del “sacco di Roma” l’allora pontefice Clemente VII fugge da Roma assediata dai Lanzichenecchi e si rifugia ad Orvieto.
Katia Serafini Cashmere Pozzo di San Patrizio orvieto Italy
La rupe trasmette una certa sicurezza al pontefice il quale però si rende conto che un problema serio potrebbe essere l’acqua.
Le acque infatti sono a valle e se non piovesse e gli Alemanni assediassero Orvieto probabilmente sarebbe la fine. Si decide di costruire un pozzo mai costruito prima
e viene incaricato il giovane architetto fiorentino Antonio Sangallo il quale
era stato da poco eletto capomastro della fabbrica di San Pietro, succedendo a
Raffaello Sanzio.
Il Sangallo si mette subito all’opera e dopo aver esaminato da valle la rupe
di Orvieto decide di utilizzare l’acqua delle antiche fonti di San Zeno, affermando:
“questa è l’acqua che ci salverà”. C’è da superare un dislivello di oltre 50 metri ma nella sua mente è già nata l’idea del pozzo, il più incredibile che fantasia umana abbia concepito fino a quel momento storico. Profondo 62 metri e largo 13 è un enorme cilindro verticalmente diviso in due settori concentrici; si aprono 72 finestre che hanno la funzione di trasmettere la poca luce proveniente dall’imboccatura del pozzo alle due scale che si trovano all’esterno del cilindro. Queste scalate sono formate ciascuna da 248 gradini, progettate per permettere il transito degli asini e dei muli adibiti al trasporto degli otri dell’acqua.

Hanno un andamento a chiocciola così da convogliare il traffico in due direzioni, una in ascesa e l’altra in discesa. Dopo un breve periodo in cui ebbe anche l’appellativo di “purgatorio di San Patrizio” in epoca ottocentesca assunse il nome attuale di Pozzo di San Patrizio a seguito della leggenda del Santo irlandese, secondo la quale Patrizio fosse custode di una grotta senza fondo, il celeberrimo “Pozzo di San Patrizio” appunto, dalla quale dopo aver visto le pene dell’Inferno, si poteva accedere al Purgatorio arrivando persino ad intravedere il Paradiso!
“Tu hai veduto in parte ciò che desideravi vedere...Se d’ora in avanti vivrai degnamente, sei sicuro che dopo la morte verrai tra noi; se però vivrai male hai visto quali torture ti attendono.” Sancti Patricii Purgstorium, H.da Samtrey
ORVIETO UNDERGROUND

La Rupe di Orvieto nacque circa trecentomila anni fa a seguito dell’eruzione del complesso vulcanico del Monti Volsini.

Orvieto, città millenaria sospesa tra cielo e terra, ha svelato un altro aspetto che la rendono unica: un dedalo  di grotte è nascosto nell’oscurità sotterranea della rupe.

La natura geologica del masso su cui sorge oggi l’antica etrusca Velzna (poi Volsinii), ha consentito

agli abitanti di scavare, nel corso dei millenni, un incredibile numero di cavità, grotte, pozzi, cisterne e gallerie che si stendono, si accavallano, si intersecano al di sotto della moderna città .

La stratigrafia condizionava la circolazione delle acque sotterranee e nel corso dei millenni, gli abitanti della Rupe operarono in maniera così particolare nel sottosuolo della città, fino a scavarvi oltre 1200 grotte.

La necessità dell’approvvigionamento idrico fu dunque il motivo che probabilmente dette il via

alle realizzazioni sotterranee.

La Rupe, colonizzata già a partire dal IX secolo a.C., vide prosperare una delle più importanti città etrusche, l’antica Velzna. A questo periodo risalgono i primi ipogei scavati dall’uomo alla ricerca dell’acqua, bene insostituibile in una città che, inespugnabile per le pareti di roccia che la difendevano, doveva essere in grado di resistere agli assedi.

Gli Etruschi realizzarono ingegnose cisterne per la conservazione dell’acqua piovana nonchè una estesa rete di cunicoli per il suo convogliamento e pozzi profondissimi (a sezione rettangolare che non misurano più di 80 per 120 centimetri) che, superati gli strati permeabili, raggiungevano le falde freatiche. Grazie a tutto ciò, Velzna (poi Volsinii, oggi Orvieto) riuscì a raggiungere l’autosufficienza per l’approvvigionamento idrico, tant’è che cadde nelle mani di Roma, nel 264 a.C., solo dopo aver resistito ad un assedio che durò quasi tre anni.

Nella Velzna underground vennero costruiti anche molti “colombai” dove i piccioni viaggiatori entravano ed uscivano per svolgere il loro compito.

Nel sottosuolo sono presenti i resti di un intero mulino medievale (il mulino di Santa Chiara) completo di macine, pressa, focolare e mangiatoie per gli animali addetti alle macine oppure un intero frantoio per le olive, completo anch’esso di macine, pressa, focolare e condutture per l’acqua e cisterne.


Gli Etruschi, fondatori della città fecero di Velzna un esempio di modernità ed organizzazione

ed era così ricca da essere nota con l’appellativo di Oinarea .

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