Orvieto
tra Arte e Storia
Orvieto
Il decumano (Ovest-Est) avrebbe avuto sul suo tracciato ad Ovest Porta Maggiore ed il primitivo taglio del masso, la Cava, e ad Est Porta Soliana, ora nascosta sotto la Rocca presso la quale sorgeva un tempio, che fu detto Augurale dagli archeoÌogi. Sul cardo (Nord-Sud) erano Porta Vivaria a Nord e Porta S. Maria a Sud. I nomi sono relativamente moderni, ma l'esistenza delle porte è antichissima. Tra i templi esistenti e ritrovati il dibattito più "acceso" è quello circa l'identificazione e l'ubicazione del Fanum Voltumnae, che la critica più recente riconduce oggi ad Orvieto e verosimilmente nella zona a occidente della rupe.
Cosa significò Velzna/ Volsinii nella nostra storia antica? Livio l'annoverò fra le più forti di Etruria; Plinio la chiamò opulentissima: Valerio Massimo doviziosa, ornata per costumi e legislazione, capo degli etruschi; Floro la più civile fra tutte le città della confederazione toscana. Volsinii guerreggiò contro Roma nell'anno 280 a.C.e fu costretta a cedere le armi al console Tito Coruncanio. Dilatandosi la potenza romana, Volsinii fece immani sforzi di resistenza; ma dopo la rivolta dei servi contro i nobili, i romani distrussero la città sotto il console Fulvio FIacco (III sec. a.C). "Ultima cadde fra tutti i popoli italici: saccheggiata, arsa e distrutta, delle sue statue, duemila furono recate via dai vincitori."
Il fatto provocò un incidente diplomatico tra Torino e Parigi, dato che gli accordi fra Cavour e Napoleone III non contemplavano l’occupazione di città e territorio del Patrimonio di San Pietro da parte delle formazioni dei volontari. Per risolvere la questione Viterbo e Montefiascone vengono restituite al Papa, ma Orvieto riesce invece ad ottenere l’annessione al costituendo Regno d’Italia, dopo aver dimostrato, sulla base di documenti d’archivio, che la città ed il suo territorio non avevano mai fatto parte del Patrimonio di San Pietro a partire dal 1360.
VOLSINII (ORVIETO) ANTICA CAPITALE DELLO STATO ETRUSCO
Gli Etruschi occupavano originariamente la regione compresa tra il Tevere e l’Arno, che da loro prese il nome di Toscana. Il periodo di massimo splendore giunse fino al 4° secolo a.C. In seguito, vennero assorbiti dai Romani, con Volsinii (Orvieto) ultima città a resistere.
Tra i popoli antichi dell’Italia preromana gli Etruschi sono quelli che hanno maggiormente attirato l’interesse dei moderni per l’altissimo livello artistico raggiunto e per la scarsa conoscenza della loro lingua, che non offre punti di contatto con nessun’altra conosciuta…
Già gli antichi non erano in grado di spiegare la presenza di questo potente e raffinato popolo nel frammentato e spesso rozzo panorama delle genti dell’Italia preromana. Lo storico Erodoto, che scriveva nel 5° secolo a.C., attribuiva l’origine dei Tirreni (così i Greci chiamavano gli Etruschi) a un mitico fondatore, Tirreno, che si sarebbe trasferito nell’Italia centrale dopo essere fuggito da una remota regione dell’Asia Minore. Al contrario, Dionigi di Alicarnasso, un altro autore greco che scriveva nel 1° secolo a.C., attribuiva agli Etruschi un’origine italica.
Gli Etruschi, quindi, possono definirsi come i successori dei Villanoviani, permeati dall’influenza dell’arte greca, giunta in Etruria dalla Magna Grecia. Pur essendo una cultura originaria dell’Italia, quindi, quella etrusca si presenta come una civiltà fortemente permeata da influenze orientali, e in particolare greche. La struttura sociale prevalente tra gli Etruschi era la città, che aveva caratteristiche sociali e architettoniche per molti aspetti simili a quelle delle città greche, in particolare la grande accuratezza con cui erano decorate le porte delle mura difensive, in grandi pietre squadrate.
Come le città greche della Magna Grecia, anche quelle etrusche erano tra loro collegate in leghe: di particolare importanza, perché tramandataci dalle fonti, quella che riuniva le dodici città di Velzna o Volsinii (ORVIETO), Vulci, Volterra, Veio, Vetulonia, Arezzo, Perugia, Cortona, Tarquinia, Cere, Chiusi, Roselle.
Due erano gli aspetti della società etrusca che maggiormente colpivano gli osservatori greci: innanzitutto “il ruolo della donna, che, al contrario di quanto avveniva in Grecia, partecipava
attivamente alla vita sociale; in secondo luogo la ricchezza e il lusso che caratterizzavano il modo di vita delle classi dirigenti etrusche”. Nella società etrusca il banchetto (o simposio) aveva un’enorme importanza e lo dimostra il fatto che molto spesso i defunti erano rappresentati sui coperchi dei sarcofagi come se stessero partecipando a un banchetto, distesi sul caratteristico letto triclinare.
fossero due contrade di una stessa città che fino al XI sec. era denominata
L’epilogo di questo controllo si compie nel 1457 quando gli abitanti insorsero dando vita ad una violenta ribellione che portò alla distruzione del castello della Cervara, dal quale, i Monaldeschi avevano esercitato il loro potere per oltre un secolo. A ricordo di questi eventi furono murati, al di sopra dell’area della Porta di Santa Maria due leoni in pietra basaltica che tengono teste umane tra le loro zampe a ricordo della vittoria del popolo di Civita.
splendore di questo popolo: c’è una data in particolare che segna l’inizio di una parabola ascendente di benessere e ricchezza, il 540 a.C. circa, data della Battaglia del mare Sardo.Le continue schermaglie tra gli equipaggi delle navi greche, interessate alle coste della Francia meridionale con la colonia focese di Massalia (Marsiglia) e della Corsica ove era la colonia di Alalia (Aleria), ed etrusche, si concretizzano in una tragica battaglia navale. La battaglia vede contrapporsi navi greche contro navi etrusche e puniche: nonostante l’esito favorevole per i Greci, la forte decimazione degli equipaggi e la perdita di molte navi li costringe ad abbandonare il settore centro settentrionale tirrenico. Dalla seconda metà del V secolo a.C. lo scenario però mutò radicalmente. Infatti, mentre le città etrusche avevano raggiunto il massimo dello sviluppo economico, le colonie greche diedero vita ad una travolgente crescita culturale e politica. Anche ai confini tra Etruria e Lazio era sorto un nuovo consistente pericolo: la città di Roma, un tempo dominata e governata da una dinastia etrusca si era resa indipendente, passando all’offensiva. La decadenza degli Etruschi iniziò nel 474 a.C. sul mare, quando i Greci d’Italia guidati dalla città di Siracusa gli inflissero presso Cuma una sconfitta decisiva dopo la quale essi persero il controllo del Mar Tirreno. Anche sulla terraferma la situazione andò rapidamente deteriorandosi: Dalla metà del IV secolo a.C. la potenza commerciale e militare un tempo fiorente degli Etruschi si era così ridotta a città stato arroccate nei loro territori di origine nell’Italia centrale.
Le superbe città-stato, prive di una forte identità nazionale, non riuscirono a coordinare una resistenza efficace, e furono così sconfitte una ad una con Orvieto (antica Volsini) ultima a cadere. Con la perdita dell’indipendenza politica si concludeva il ciclo di un antico popolo che per secoli aveva primeggiato, per cultura e per ricchezza, nel bacino del Mediterraneo occidentale.
ORVIETO ED IL DUOMO
del battesimo di Gesù, realizzato su cartone dal pittore orvietano Cesare Nebbia, le altre rappresentazioni illustrano la storia terrena della Vergine, con i genitori Gioacchino e Anna, la presentazione di Maria al tempio, l’Annunciazione e lo sposalizio con Giuseppe.
LUCA SIGNORELLI
(CORTONA 1445 - IVI 1523)
LORENZO MAITANI
ARCHITETTO 1270-1330
Lorenzo Maitani, Architetto e scultore, nacque a Siena nel 1270,
figlio dello scultore Vitale di Lorenzo detto Matano. Nel 1310 fu chiamato a Orvieto
da Papa Bonifacio VIII e nominato capomaestro dell’opera del Duomo, carica che conservò fino alla morte, ad Orvieto nel 1330. È suo il progetto della facciata, elaborato secondo un modello spiccatamente gotico, nuovo e originale rispetto ai tipi italiani ed europei.
Già prima del 1310 si era recato in varie riprese a Orvieto per rafforzare la costruzione pericolante della cattedrale. Interruppe il suo soggiorno orvietano nel 1317 e 1319-21 per riparare gli acquedotti di Perugia, nel 1322 per dare il suo parere sul proseguimento dei lavori del duomo di Siena e nel 1323 sulla progettata costruzione del castello di Montefalco, nel 1325 per restaurare il castello di Castiglione del Lago.
Dal documento del 1310 in cui Lorenzo viene designato “universalis caput magister” della cattedrale orvietana risulta che egli venne incaricato di costruirne la facciata e di soprintendere alla decorazione scultorea di essa.
Due disegni della facciata nel museo del duomo, illustrano la genesi del progetto maitanesco, che da un verticalismo derivato dall’architettura gotica francese dell’Île-de-France, passò a una concezione più raffinata ed equilibrata. Questo compromesso tra spirito e principî estetici francesi e italiani si avverte anche nei mirabili rilievi che coprono i quattro pilastri della facciata.
Della profondità dello scultore dànno un’idea assai chiara i quattro angeli di bronzo in atto di sollevare i lembi del baldacchino che protegge il gruppo marmoreo della Madonna col Bambino collocato sopra la porta centrale, e i quattro simboli degli Evangelisti, pure in bronzo, sporgenti al disopra del cornicione che corre sui pilastri della facciata;
Per affinità con esse si possono sicuramente attribuire al Maitani i rilievi delle tre zone inferiori del primo pilastro che dalla Creazione degli animali giungono fino alla Cacciata dei progenitori dal Paradiso, e i rilievi delle due zone inferiori del quarto pilastro con la Risurrezione dei Morti, l’Inferno e la schiera degli eletti e dei reprobi.
Il Maitani nei suoi rilievi, ha una personalità ben definita che gli assicura un posto di primo piano nella scultura toscana del Trecento.
Alla profonda conoscenza dell’anatomia del corpo umano, si accoppia uno squisito senso dell’euritmia lineare, rafforzato da influenze francesi, che piega a morbido fluire le vesti trasparenti e leggiere. Ed è appunto questo spirito lirico pacato e sereno che lo distingue artisticamente nella storia dell’architettura e scultura.
LA BELLEZZA
Kalón significa tutto ciò che piace, che suscita ammirazione, che attrae lo sguardo.
La Bellezza quasi sempre è associata ad altre qualità.b Esiodo (Nozze di Cadmo e Armonia): “Chi è bello è caro, chi non è bello non è caro”.
L’oracolo di Delfi, alla domanda sul criterio di valutazione della Bellezza, risponde: “Il più giusto è il più bello”.
Secondo la mitologia, Zeus avrebbe assegnato una misura appropriata e un giusto limite a ogni essere: il governo del mondo coincide così con un’armonia precisa e misurabile, espressa nei quattro motti scritti sulle mura del tempio di Delfi: “Il più giusto è il più bello”, “Osserva il limite”, “Odia la hybris (tracotanza)”, “Nulla in eccesso”.
Su queste regole si fonda il senso comune greco della Bellezza, in accordo con una visione del mondo che interpreta l’ordine e l’armonia come ciò che pone un limite allo “sbadigliante Caos”, dalla cui gola è scaturito, secondo Esiodo, il mondo.
Il Sangallo si mette subito all’opera e dopo aver esaminato da valle la rupe
di Orvieto decide di utilizzare l’acqua delle antiche fonti di San Zeno, affermando:
La Rupe di Orvieto nacque circa trecentomila anni fa a seguito dell’eruzione del complesso vulcanico del Monti Volsini.
Orvieto, città millenaria sospesa tra cielo e terra, ha svelato un altro aspetto che la rendono unica: un dedalo di grotte è nascosto nell’oscurità sotterranea della rupe.
La natura geologica del masso su cui sorge oggi l’antica etrusca Velzna (poi Volsinii), ha consentito
agli abitanti di scavare, nel corso dei millenni, un incredibile numero di cavità, grotte, pozzi, cisterne e gallerie che si stendono, si accavallano, si intersecano al di sotto della moderna città .
La stratigrafia condizionava la circolazione delle acque sotterranee e nel corso dei millenni, gli abitanti della Rupe operarono in maniera così particolare nel sottosuolo della città, fino a scavarvi oltre 1200 grotte.
La necessità dell’approvvigionamento idrico fu dunque il motivo che probabilmente dette il via
alle realizzazioni sotterranee.
La Rupe, colonizzata già a partire dal IX secolo a.C., vide prosperare una delle più importanti città etrusche, l’antica Velzna. A questo periodo risalgono i primi ipogei scavati dall’uomo alla ricerca dell’acqua, bene insostituibile in una città che, inespugnabile per le pareti di roccia che la difendevano, doveva essere in grado di resistere agli assedi.
Gli Etruschi realizzarono ingegnose cisterne per la conservazione dell’acqua piovana nonchè una estesa rete di cunicoli per il suo convogliamento e pozzi profondissimi (a sezione rettangolare che non misurano più di 80 per 120 centimetri) che, superati gli strati permeabili, raggiungevano le falde freatiche. Grazie a tutto ciò, Velzna (poi Volsinii, oggi Orvieto) riuscì a raggiungere l’autosufficienza per l’approvvigionamento idrico, tant’è che cadde nelle mani di Roma, nel 264 a.C., solo dopo aver resistito ad un assedio che durò quasi tre anni.
Nella Velzna underground vennero costruiti anche molti “colombai” dove i piccioni viaggiatori entravano ed uscivano per svolgere il loro compito.
Nel sottosuolo sono presenti i resti di un intero mulino medievale (il mulino di Santa Chiara) completo di macine, pressa, focolare e mangiatoie per gli animali addetti alle macine oppure un intero frantoio per le olive, completo anch’esso di macine, pressa, focolare e condutture per l’acqua e cisterne.
Gli Etruschi, fondatori della città fecero di Velzna un esempio di modernità ed organizzazione
ed era così ricca da essere nota con l’appellativo di Oinarea .